ADHD: perché sta aumentando il deficit di attenzione e iperattività tra gli adulti?
I tassi di disturbo da deficit di attenzione negli adulti sono aumentati negli ultimi due decenni. I ricercatori stanno valutando se l'uso quotidiano della tecnologia possa essere ritenuto responsabile.
ADHD: perché sta aumentando il deficit di attenzione e iperattività tra gli adulti?
Più adulti che mai stanno lottando contro il disturbo da deficit di attenzione/iperattività, o ADHD. E il sospetto è che la tecnologia stia mettendo a dura prova i loro cervelli.
Questo disturbo tipico dell’età infantile e adolescenziale viene diagnosticato in circa il 10% dei bambini, ma una recente meta-analisi di numerosi studi mostra che quasi il 6,8% degli adulti è affetto da ADHD, un netto aumento rispetto al 4,4% del 2003.
“Si tratta di circa 366 milioni di adulti in tutto il mondo che attualmente convivono con l’ADHD, che corrisponde all’incirca alla popolazione degli Stati Uniti”, afferma Russell Ramsay, cofondatore del programma Penn Adult ADHD Treatment and Research della Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania. In Italia, nello specifico, secondo quanto riporta il Quotidiano Sanità, sono circa 2 milioni gli adulti a soffrire di questa patologia.
L’ADHD è un disturbo cronico del neurosviluppo caratterizzato da difficoltà nel focalizzare l’attenzione, iperattività o difficoltà nel controllare i propri impulsi, o entrambe le cose. È considerato un disturbo del neurosviluppo perché “i geni e lo sviluppo precoce predispongono ad avere problemi”, afferma Lidia Zylowska, psichiatra della University of Minnesota Medical School e autrice del libro “The Mindfulness Prescription for Adult ADHD”.
Esistono ipotesi per spiegare la crescente prevalenza di questa patologia negli adulti, tra cui una maggiore consapevolezza e diagnosi precedentemente mancate. Ma un fattore ambientale poco studiato potrebbe essere proprio quello della tecnologia e del suo legame con le diagnosi di ADHD.
Sia nei bambini che negli adulti, i sintomi di ADHD possono variare da “molto lievi a molto gravi”, afferma Jill RachBeisel, medico e primario di psichiatria presso l’University of Maryland Medical Center.
Le cause dell’ADHD non sono del tutto note, ma le ricerche più recenti dimostrano che la genetica svolge un ruolo significativo. “Ci sono anche fattori ambientali che possono causare l’ADHD”, osserva RachBeisel.
Il ruolo della tecnologia
Tra i fattori ambientali più sottovalutati dell’ADHD correlato all’età adulta ci sarebbe l’uso eccessivo della tecnologia. Sono stati pubblicati alcuni studi sull’argomento, ma le ricerche sono ancora in corso.
Uno studio pubblicato dal Journal of the American Medical Association mostra che l’uso frequente dei media digitali che coinvolge i social media, i giochi, gli SMS e lo streaming di film, musica o TV aumenta il rischio di sviluppare i sintomi dell’ADHD di quasi il 10%. Altri studi hanno misurato il legame tra tecnologia e ADHD, tra cui uno che si occupa di come l’uso della tecnologia vari tra uomini e donne e un’altra ricerca che valuta le conseguenze sulla salute mentale dell’uso frequente della tecnologia. Un’ampia indagine sulla popolazione dimostra che per prevenire i deficit di attenzione legati all’uso della tecnologia, si dovrebbe limitare l’uso dello smartphone a 60 minuti al giorno.
“È legittimo considerare la possibilità di un deficit di attenzione acquisito”, afferma John Ratey, medico, neuropsichiatra e professore clinico associato di psichiatria alla Harvard Medical School. A suo avviso le persone sono oggi spinte a lavorare in multitasking e sono bombardate da continui stimoli tecnologici e dalla dipendenza da schermo. “Questi fattori potrebbero potenzialmente portare a una riduzione della capacità di attenzione”, afferma.
Il legame tra l’uso della tecnologia e i problemi di attenzione potrebbe anche essere attribuito al fatto che le persone che utilizzano costantemente la tecnologia hanno meno opportunità di permettere al cervello di riposare nella sua “modalità predefinita”.
Elias Aboujaoude, psichiatra comportamentale e capo della Sezione disturbi d’ansia della Stanford University School of Medicine, spiega che “per molto tempo l’associazione tra ADHD e uso massiccio di Internet nel nostro campo è stata una domanda in stile ‘uovo e gallina’: le persone diventano forti consumatori online perché hanno l’ADHD e la vita online si adatta alla loro capacità di attenzione, oppure sviluppano l’ADHD come risultato di una eccessiva presenza online?”. L’esperienza clinica e la ricerca, dice, “suggeriscono sempre più che quest’ultimo scenario potrebbe essere più rilevante”.
Anche il suo collega di Stanford, il neuroscienziato Andrew Huberman conosciuto negli USA per il suo podcast Huberman Lab, è arrivato alla stessa conclusione, spiegando a suoi ascoltatori che “l’uso dello smartphone può indurre l’ADHD negli adulti”.
Anche se alcuni studiosi non sono altrettanto sicuri che l’uso della tecnologia causi davvero l’ADHD negli adulti, secondo Ramsay avrebbe implicazioni significative. “Poiché l’attuale concezione del disturbo è una sindrome del neurosviluppo”, spiega Ramsay, “questa sorta di ADHD ‘acquisito’… (avrebbe) un’origine diversa e potrebbe richiedere interventi e un sostegno diversi”.
Secondo Zylowska, la tecnologia può anche esacerbare i sintomi dell’ADHD in alcune persone. “L’eccesso di tecnologia può peggiorare l’ADHD preesistente o indurre un cervello altrimenti ‘non ADHD’ a sentirsi smarrito”, spiega l’autrice.
Un disturbo spesso trascurato
Indipendentemente da quali siano le cause o i fattori che contribuiscono all’ADHD in ciascun individuo colpito, si tratta di un disturbo che spesso viene trascurato nei bambini e che può anche non essere individuato fino al raggiungimento dell’età adulta. Attualmente, per essere diagnosticato come disturbo, i sintomi specifici devono essere riscontrati in una persona entro l’età di 12 anni, secondo l’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), l’autorevole guida utilizzata dai medici di tutto il mondo per diagnosticare e trattare le condizioni di salute mentale. (L’età di determinazione è stata cambiata da 7 a 12 anni tra la quarta e la quinta edizione del DSM).
Ma questo non significa che la diagnosi debba essere fatta all’età di 12 anni, ma solo che i sintomi devono essere presenti a quell’età, anche se vengono identificati retroattivamente anni o decenni dopo, esaminando vecchi diari o appunti degli insegnanti, intervistando i membri della famiglia, o dalla rievocazione dei ricordi dell’infanzia da parte del paziente stesso, come scoperto con l’aiuto di uno psichiatra esperto.
“A volte l’ADHD non viene identificato fino all’età avanzata perché i sintomi non sono stati notati in giovane età o sono stati mascherati da altri fattori”, afferma Margaret Sibley, professore di psichiatria e scienze comportamentali presso la University of Washington School of Medicine.
Tali fattori possono essere il mancato riconoscimento dei sintomi da parte dei genitori o degli insegnanti, lo sviluppo di soluzioni alternative da parte del bambino o semplicemente il fatto che il bambino non faccia abbastanza fatica da destare preoccupazione.
“Non è raro avere un bambino disattento che non disturba in classe e che quindi viene trascurato”, afferma Zylowska. Anche gli orari fissi, le attività strutturate e l’aiuto fornito dai genitori possono far sì che il disturbo venga facilmente trascurato, fino a quando una persona perde questi riferimenti una volta raggiunta l’età adulta.
RachBeisel spiega che quando l’ADHD viene trascurato e il bambino cresce, esce di casa e perde l’assistenza che aveva a casa, a volte inizia a fare fatica o “si accorge di dover lavorare due o tre volte di più per raggiungere lo stesso livello di successo dei suoi coetanei”.
Sintomi di ADHD negli adulti
Indipendentemente dal momento in cui viene diagnosticato, l’ADHD tende ad avere sintomi diversi negli adulti rispetto ai bambini. Craig Surman, medico e psichiatra che dirige il programma di ricerca sull’ADHD negli adulti presso il Massachusetts General Hospital, afferma che, sebbene la natura impulsiva e iperattiva del disturbo di solito diminuisca in età adulta, “i tratti di mancata attenzione spesso persistono”.
Gli adulti, inoltre, sono spesso in grado di controllare meglio la loro irrequietezza e sono di solito più disciplinati nel portare a termine qualcosa, osserva RachBeisel. Per questo motivo, il disturbo si manifesta di solito in modo diverso nei vari gruppi di età.
“Mentre un bambino non è in grado di stare seduto con calma in classe e si alza continuamente dal suo posto, un adulto può essere molto impaziente al semaforo rosso o in coda al supermercato”, spiega RachBeisel. “E se un bambino può alzare la mano con impazienza in classe e interrompere la lezione, un adulto può interrompere le conversazioni degli altri”.
Altri fattori che influenzano l’ADHD
Ma non è detto che si tratti semplicemente di aver trascurato i sintomi durante l’infanzia, poiché ci sono diversi altri fattori, oltre all’uso della tecnologia, che possono contribuire o causare i sintomi dell’ADHD negli adulti.
Ratey, il neuropsichiatra di Harvard, afferma che i cambiamenti ormonali legati alle mestruazioni o alla menopausa siano un altro esempio e facciano emergere comunemente i sintomi latenti dell’ADHD nelle donne.
“Le donne adulte sono uno dei gruppi demografici con il maggior numero di casi di ADHD non diagnosticati e spesso ricevono antidepressivi e ansiolitici quando in realtà soffrono di sintomi legati all’ADHD”, spiega l’esperto.
Ma la tendenza dei sintomi dell’ADHD a sovrapporsi ad altre condizioni di salute mentale non è esclusiva delle donne.
“Negli adulti, l’ADHD raramente viaggia da solo”, afferma Zylowska. “Proprio come una febbre può avere diverse spiegazioni, i problemi di attenzione possono essere dovuti a diverse ragioni”. Secondo l’autrice, anche comportamenti e fattori come lo stress, gli effetti collaterali dei farmaci e il sonno insufficiente possono rendere difficile la concentrazione. “Allo stesso modo, altri sintomi di salute mentale o fisica, come ansia, depressione, apnea notturna, cambiamenti cognitivi legati all’età e problemi alla tiroide, possono simulare l’ADHD”.
Cosa fare?
Ci sono molti modi per ottenere aiuto una volta che l’ADHD è stato correttamente diagnosticato.
“L’ADHD non trattato non è una condizione innocua e spesso si accompagna ad altri problemi”, afferma Mark Stein, medico e direttore del Programma ADHD e Disturbi Correlati del Seattle Children’s Hospital. “Quindi, il mio consiglio più importante è di fare una buona valutazione”.
RachBeisel è d’accordo e osserva che, una volta diagnosticato l’ADHD, “si tratta di una condizione curabile”. I trattamenti spesso includono farmaci o approcci terapeutici come la terapia cognitivo-comportamentale. “Parlando con un professionista che diagnostica e tratta l’ADHD si può determinare se i farmaci o le terapie specifiche non farmacologiche possano essere utili”, dice Surman.
Per quanto riguarda l’impatto della tecnologia sull’ADHD, Ramsay afferma che “gli adulti con l’ADHD spesso devono adottare misure attive per sviluppare un rapporto sano con la tecnologia”, che può includere il trascorrere meno tempo sullo smartphone.
Se si adottano le misure necessarie per trattare adeguatamente il disturbo o per risolverlo, non c’è motivo per cui una persona affetta da ADHD non possa vivere bene.
“L’ADHD pone delle sfide, ma porta con sé anche dei doni enormi che includono la creatività, l’entusiasmo, la curiosità, la lealtà e la concentrazione su un progetto quando prevede qualcosa di interessante”, dice Ratey. “Si tratta di trovare il lavoro giusto, gli amici giusti e il partner giusto per sfruttare i punti di forza del cervello ADHD e farlo volare”.
Fonte: nationalgeographic.it