Educazione sessuale: nell’Italia bigotta i giovani si informano (malissimo) sui siti porno

Siti pornografici e amici "grandi" rispondono (male) alle domande sul sesso dei giovanissimi ma l'educazione sessuale nelle scuole sarebbe utile anche nel contrasto alla violenza e per il rispetto di sé. Perché in Italia non si fa?

Italia, sei la solita bigotta: indietro di 70 anni rispetto all’Europa

In Europa l’educazione sessuale in classe si fa dagli anni Cinquanta: in Svezia è diventata una materia obbligatoria già nel 1955 e in Germania nel 1968. In Danimarca, Finlandia e Austria nel 1970 e la Francia si è adeguata nel 1998. Fanno eccezione pochi Paesi tra cui l’Italia insieme a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania.

Nel nostro Paese il sesso e tutto ciò che lo riguarda è un tema tabù che divide l’opinione pubblica e la politica e, infatti, il Ministero dell’Istruzione non inserisce alcun programma scolastico relativo. In Italia sembra sia meglio non parlarne, lasciando un ipocrita silenzio a coprire tutto ciò che riguarda il naturale sviluppo sessuale dei giovani e dei giovanissimi.

Come ci rivela l’Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica, i due motivi che più sembrano osteggiare invece un sereno approccio all’educazione sessuale sono la convinzione che parlare di sesso porterebbe i ragazzi a farlo e l’idea che sia un tema legato alla sfera intima, di cui debbano farsi carico i genitori.

Ma i genitori non sono sempre all’altezza e, come vedremo più avanti, già a 13 anni molte persone perdono la verginità e già a 11 anni trovano le risposte alle loro domande su siti pornografici e dai racconti di amici che spesso sono falsi e inventati, ricevendo così informazioni totalmente fuorvianti.

L’Unesco nella sua Guida tecnica all’educazione sessuale la definisce come “un approccio, adeguato all’età e alla cultura, nell’insegnamento riguardante il sesso e le relazioni attraverso la trasmissione di informazioni scientificamente corrette, realistiche e non giudicanti.

L’educazione sessuale offre, per molti aspetti della sessualità, l’opportunità sia di esplorare i propri valori e atteggiamenti, sia di sviluppare le competenze decisionali, le competenze comunicative e le competenze necessarie per la riduzione dei rischi”.

A partire dagli anni Sessanta la politica ha provato a colmare questo vuoto e sono stati presentati ben 16 progetti di legge e oltre di 300 atti parlamentari. Nonostante ciò, siamo nel 2022 e in Italia ancora si fa finta di non sapere, di non vedere e di non sentire.

Mancando una legge nazionale, infatti, gli istituti scolastici sono autonomi e si affidano all’iniziativa dei singoli insegnanti oppure ai momenti di autogestione degli studenti, costretti a invitare associazioni esterne a parlare di intimità, sessualità, malattie sessualmente trasmissibili o affettività.

“C’è molta curiosità tra allievi e allieve circa la sessualità, intesa ad ampio spettro”, dice Dario Accolla, scrittore e insegnante alla Scuola Svizzera, istituto elvetico che ha in Italia 4 sedi (Catania, Roma, Bergamo e Milano). “Dalle relazioni sentimentali all’attrazione romantica”, continua.

Ma c’è anche molta curiosità riguardo “le sessualità non normative: una mia studentessa mi chiese, ad esempio, cosa fossero i pansessuali. Avviare percorsi di educazione alle sessualità e all’affettività è molto importante perché si danno alcune risposte a molti di quesiti interrogativi.

Nelle scuole in cui ho insegnato ho avuto la fortuna di avere dirigenze sensibili in merito. Il primo risultato è quello di detabuizzare un argomento che fa parte del nostro vissuto e ciò aiuta alunni e alunne ad aprirsi. I frutti li vedremo nei prossimi anni, ma il primo impatto è abbastanza positivo”.

Educazione sessuale in classe: tutti i tentativi di farla partire

La proposta di legge più recente è stata presentata nel maggio 2021 dalla parlamentare Stefania Ascari (Movimento 5 stelle) e riguarda la “Delega al Governo per l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione nonché nei corsi di studio universitari che prevede di formare i docenti all’insegnamento trasversale, in collaborazione con le famiglie e con il supporto tecnico di psicologi, psicoterapeuti e sessuologi esperti”. Ma è solo un ultimo atto legato all’educazione sessuale.

Il primo risale al 1967 e, quasi dieci anni dopo, nel 1975, una prima proposta di Legge è stata presentata alla Camera: si chiamava “Iniziative per l’informazione sui problemi della sessualità nella scuola statale”, a prima firma del deputato Giorgio Bini.

L’anno successivo i giovani socialisti hanno chiesto l’istituzione di un “Consiglio superiore della informazione ed educazione sessuale” in quanto era evidente l’imbarazzo degli adulti nel rispondere alle domande dei giovani. Poi gli anni Ottanta: un nuovo disegno di legge, stavolta a prima firma di Tina Anselmi. In questo caso è emerso che la causa principale del disorientamento, di cui sono vittime i giovani, andasse ricercata in una mancata educazione che li pregiudica anche dal punto di vista del loro comportamento sociale e che il discorso sessuale non toccasse solamente la sfera privata, ma investisse anche cultura e vita sociale.

Ed è vero: l’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di CSE (Comprehensive Sexual Education), in riferimento all’educazione sessuale completa, che tenga in considerazione sì gli aspetti fisici, biologici e sanitari della sfera sessuale, ma anche la componente emotiva, personale e sociale.

Dieci anni dopo, 1991, un altro disegno di legge ha tentato di inserire l’educazione sessuale nelle ore dedicate alla biologia ma è stata la Chiesa Cattolica si ad opporsi: il Concordato del 1984 (l’accordo politico tra Chiesa e lo Stato), stabilisce che il Ministero della Pubblica Istruzione debba tenere in considerazione le opinioni della Chiesa.

Educazione sessuale e al rispetto: lasciamo fuori le ideologie

“Intanto, non parlerei soltanto di educazione sessuale, ma di educazione all’affettività, al rispetto nelle relazioni, e anche all’esercizio consapevole della sessualità”, dice Monica Cirinnà, senatrice del Partito Democratico.

“Si tratta di uno strumento fondamentale per contribuire, nella crescita delle giovani e dei giovani – a partire dall’adolescenza e in modo adeguato rispetto alla loro età – alla costruzione di relazioni equilibrate, tra i generi e non solo: un presidio importante, aggiungo, per prevenire e disinnescare quelle dinamiche di subordinazione e umiliazione che alimentano la violenza”.

“E ancora, con riferimento specifico all’educazione all’esercizio consapevole della sessualità, si tratta ad esempio di uno strumento utile a combattere la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili. Inquadrata in questi termini, l’educazione all’affettività e al rispetto non ha nulla di divisivo; e d’altra parte si lega a quella educazione alle differenze che fin dal 2015 deve far parte dell’offerta formativa nelle scuole”.

E conclude, “Stiamo parlando di un mattone fondamentale nella costruzione della cittadinanza: sarebbe il caso di affrontare questo tema consapevolmente, con equilibrio e lucidità, lasciando da parte mistificazioni ideologiche che servono solo a spaventare le persone”.

La “prima volta” si fa anche prima dei 14 anni

Il primo rapporto sessuale avviene (in media) tra i 16 e i 18 anni: un 6,7% lo fa per la prima volta a 14 anni o meno. Lo rivelano ricerche condivise, sondaggi, indagini degli Istituti di statistica e dell’Istituto superiore di Sanità (ISS). In particolare questo ultimo ha intervistato quasi 14mila (13.973) studenti e studentesse del primo anno universitario e oltre l’83% di loro ha confermato di avere già fatto sesso rivelando di averlo fatto per la prima volta quando ancora aveva meno di 18 anni.

Il 35% dei maschi e il 28% delle femmine che ha tra i 16 e i 18 anni dichiara di avere una regolare vita sessuale, soltanto il 16,5% non ha ancora avuto rapporti sessuali completi. Stando allo studio dell’ISS, le “prime volte” sono suddivise in larga parte così: il 18,9% l’ha avuta a 16 anni, il 19,5% a 17 e il 18,5% a 18 anni. Ci sono delle zone percentuali che invece si approcciano alla sessualità molto prima o molto dopo: come già detto c’è un 6,7% di persone che ha perso la verginità prima dei 14 anni, un 11,5% che invece l’ha persa intorno ai 15 anni.

Dall’altro lato, il 10,7% delle persone ha dichiarato di aver fatto sesso a 19 anni, un 6% a 20, un 3,2% a 21, con solo il 4,9% che è arrivato vergine almeno oltre i 22 anni. Nel 2019 un’indagine simile è stata portata avanti dal Censis, istituto di ricerca socio-economica: da questa emerge che anche allargando la forbice di età fino ai 40enni, a non avere avuto rapporti resta il 16,5%.

I giovani si informano (male) sui siti pornografici già a 11 anni

Telefono Azzurro e Doxa Kids hanno condotto uno studio chiedendo ad un campione di 600 ragazzi tra i 12 e i 18 anni se loro o i loro amici guardassero pornografia: circa la metà degli intervistati ha ammesso di guardare video per adulti. I giovani cercano le risposte alle loro domande relative al sesso su internet e il 99% delle volte intercettano siti pornografici: a rivelarcelo è la Polizia Postale.

A quanto pare il 30% dei giovanissimi tra 11 e 12 anni guarda i video porno. La pornografia, grazie all’accessibilità digitale, è diventata la forma primaria di educazione sessuale per i più giovani: senza voler assolutamente condannare la pornografia in quanto tale, è chiaro che non è (e non deve essere) pedagogica. Va fruita dopo che si assume una certa consapevolezza rispetto al proprio corpo e al corpo del partner oltre che rispetto ai temi come consenso, violenza e fantasie erotiche.

Non prima. “La pornografia può spostare interessi, comportamenti e relazioni sessuali”, secondo lo psicoterapeuta e sessuologo Walter La Gatta. Possono nascere “copioni sessuali che forniscono modelli di comportamento e guidano le aspettative sessuali: studi hanno trovato collegamenti tra il guardare la pornografia e, ad esempio, il sesso non sicuro”. Inoltre alcuni effetti sono preoccupanti, “in particolare il contributo della pornografia alla violenza sessuale.

I potenziali danni rilevati dalla ricerca su questo tema riguardano atteggiamenti e credenze sessuali errate, scarsi risultati sessuali nella vita reale, scarsi risultati nella salute mentale o ancora comportamenti inappropriati e sessualmente aggressivi.

Baby mamme: 16 anni e incinta accade davvero (ed è un incubo)

Secondo l’Osservatorio Nazionale Adolescenza in Italia sono 4 adolescenti su 10 ad avere rapporti sessuali non protetti e in ogni caso, tra quelli che invece si affidano alla contraccezione, solo il 14% usa metodi di barriera: i rischi non sono solo le gravidanze indesiderate ma anche problemi legati alla salute sessuale e riproduttiva.

Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, i bambini nati da madri minorenni sono stati 1.539 nel 2016 solo in Italia. Le baby mamme hanno età variabili che vanno dai 17 anni (984 parti) a meno di 15 anni. Il fenomeno delle gravidanze precoci, in particolare, avviene in Sicilia.

È la regione in cui si è registrato il più alto numero di nascite con madri minorenni (377, di cui 6 ragazzine che non avevano ancora compiuto 15 anni), seguita da Campania (277), Lombardia (162) e Lazio (92). Si tratta di giovani che molto spesso lasciano la scuola e l’idea di un futuro, rimanendo marginalizzate dal lavoro e dalla società.

Secondo l’ospedale Bambin Gesù le gravidanze precoci e indesiderate capitano per diversi motivi, i primi due della lista sono la scarsa conoscenza del proprio corpo e dei meccanismi della riproduzione e l’impossibilità di accedere a programmi di educazione sessuale.

Il problema della gravidanza precoce dovrebbe essere “inquadrato nell’ambito della tutela della salute sessuale e riproduttiva delle adolescenti, secondo quanto stabilito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, tenuto conto del fatto che l’attività sessuale non consapevole e non responsabile si accompagna anche al problema delle malattie infettive sessualmente trasmesse”, recita ancora lo studio dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma.

Fanno sesso in ogni caso: tanto vale parnarne

L’educazione sessuale e effettiva è ormai uno standard nei Paesi occidentali: l’Organizzazione mondiale della sanità ha rilasciato le linee guida nel 2010, oltre 12 anni fa. “Nelle società iperconnesse grazie al digitale come è quella attuale, i contenuti relativi alla sessualità girano liberamente senza alcuna restrizione e diventa quindi fondamentale offrire gli strumenti per comprendere il proprio corpo, l’affettività, le differenze perché sviluppino pienamente le competenze relazionali e potersi difendere anche da tutta una serie di pericoli che proprio sul web possono incrociare”, dice Rosario Coco, presidente di Gaynet.

“È ridicolo che chi parla di sicurezza, come certi partiti del Centrodestra, un minuto dopo dicano che l’educazione sessuale si fa a casa: questo non fa altro che mettere a rischio la sicurezza i giovani in termini di infezioni, adescamenti, violenze, bullismo. È una questione che riguarda il benessere e la salute dei giovani che deve essere spogliata da pregiudizi e ideologie”.

Negli ultimi anni tra il successo di serie Netflix, come l’acclamata “Sex Education”, e l’aumento degli interventi chiesti a gran voce alle associazioni, è diventato chiaro che i giovani, adolescenti compresi, parlano di sesso, fanno sesso e cercano risposte relative al sesso.

I genitori sono restii a parlarne perché attendono che i figli chiedano o perché non sanno rispondere a tutte le domande e, di conseguenza, i figli stessi preferiscono rivolgersi ad altre persone. Ma se non trovano contatti con associazioni o organizzazioni inerenti, chi ci assicura che quelle persone siano all’altezza? Adottare invece programmi scolastici dedicati a questi temi può avere un impatto fortemente positivo.

E non soltanto sulla sessualità (li mette in salvo da malattie come Hiv o altre infezioni, gravidanze precoci e comportamenti lesivi o violenti) ma anche sulla società. Infatti educare alla sessualità significa educare alle differenze, al benessere proprio e del prossimo e all’uguaglianza di genere. Significa dare ai ragazzi e alle ragazze gli strumenti per avere preparazione e consapevolezza nell’andare incontro al sesso anche perché incontro al sesso vanno comunque, tanto vale che sia sicuro e piacevole.

Fonte: alfemminile.com

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