Ritiro sociale in adolescenza
Ritiro sociale in adolescenza
Sin da subito, dopo la nascita, siamo chiamati a riconoscere e decodificare gli stimoli sociali.
A partire dai primi scambi con la figura materna per arrivare poi alle interazioni sociali più complesse contemporanea, ciascuno di noi sviluppa una serie di capacità di processazione ed interpretazione delle interazioni sociali. Questo garantisce la possibilità di percepirsi adeguati ed integrati nella società. Motivati dal bisogno d’appartenenza ci cimentiamo sin da subito in questo scambio relazionale per soddisfare il bisogno di sentirci parte del nostro gruppo sociale.
Quando questo non avviene, il disagio ed il dolore sono profondi, minano il nostro equilibrio e la nostra capacità di integrazione ed adattamento all’ambiente. Il cervello risponde all’esperienza dell’esclusione come se si trattasse di un dolore fisico. In adolescenza il bisogno d’appartenenza al gruppo dei pari è molto forte e necessario alla crescita.
Essere esclusi, chiudersi, autoescludersi sono segnali di disagio e sofferenza che non vanno sottovalutati. Solitudine, incomprensione, incomunicabilità, trasformazioni corporee, confronto con i pari sono sfide evolutive che ogni adolescente si trova ad affrontare nel processo di crescita. Il percorso verso la dimensione adulta porta con sé la nostalgia e la malinconia per ciò che si è perduto e che non ritornerà più: l’infanzia.
Per alcuni queste sfide sono più difficili che per altri, a tal punto da diventare insostenibili e condurre verso una scelta radicale e netta: ritirarsi dal mondo. Questi adolescenti si sentono impreparati, inadeguati difronte a questi nuovi compiti e scelgono attivamente il ritiro sociale con l’obiettivo di evitare ed interrompere questo processo. Si inizia andando sempre meno a scuola, per poi abbandonarla definitivamente; si esce sempre meno, non si vedono più gli amici, si abbandona lo sport per arrivare poi a non uscire più di casa e, nelle situazioni più gravi, non uscire più dalla propria stanza.
Alla base della scelta di ritirarsi possono esserci una vasta gamma di emozioni, motivazioni e comportamenti associati. Sappiamo per certo che l’incapacità di soddisfare i nostri bisogni di intimità, compagnia ed accettazione può portare ad una condizione di disagio psicologico La teoria e la ricerca contemporanea sul ritiro sociale affermano che si tratti di un costrutto eterogeneo nelle sue manifestazioni e vissuti. Ad esempio alcuni si ritirano perché timidi e, pur volendo stare con gli altri, provano paura e ansia.
Altri invece non sono minimamente interessati agli altri, preferiscono la solitudine all’interazione. Altri ancora evitano le interazioni sociali in maniera attiva quando le ritengono sgradevoli o non gratificanti. Timidezza, isolamento, evitamento sono tre diversi substrati dell’esperienza del ritiro sociale. Quest’ultimo è sintomo di diversi disturbi clinici, non è un disturbo vero e proprio con una sua eziologia e prognosi. Autismo, ansia, mutismo selettivo, fobia, depressione maggiore, disturbo evitante, schizofrenia sono tutti disturbi caratterizzati dalla presenza di ritiro sociale; l’ansia sociale è sicuramente il disturbo maggiormente correlato al ritiro.
Si tratta di una paura persistente e marcata di azioni e situazioni sociali in cui si è difronte a sconosciuti oppure si è oggetto di valutazione da parte di altri. L’esperienza del ritiro sociale acuto riguarda quegli adolescenti che, solitamente a partire da una fobia scolare, abbandonano gli amici e tutti i contatti sociali per chiudersi nella loro stanza riducendo al minimo i contatti con persone reali. Questi contatti vengono sostituiti da una vita online: video giochi infiniti, visione di film, contatti virtuali. Nei casi di ritiro più gravi il ritmo sonno veglia viene invertito.
Il ritiro è accompagnato da vissuti di vergogna e d’impotenza: vergogna verso i compagni di scuola, i pari, verso il proprio corpo. La stanza diventa un luogo di rifugio e protezione dalle esperienze concrete. Nel contempo diventa anche spazio di sperimentazione attraverso esperienze immaginarie grazie alle infinite possibilità della rete.
Scopo della psicoterapia nelle situazioni di ritiro sociale è provare ad entrare in quella stanza, in quel luogo fisico, simbolico e mentale nel quale l’adolescente vive, prova crescere, affronta sfide, si rifugia, pensa, si svela e si nasconde.
Fiducia è una parola chiave, bisogna essere degni di fiducia per entrare in quella stanza, bisogna dare fiducia alla possibilità di riattivare risorse e strumenti, bisogna ascoltare ansia e paura senza giudizio perché hanno senso di esistere, bisogna ascoltare quel bisogno di stare chiusi, protetti senza forzare, sapendo aspettare l’apertura di quella porta e l’uscita dalla stanza per andare verso il mondo.